L'antica Parrocchiale di Santa Caterina, è l'edificio più antico che si affaccia sulla piazza della località Villavecchia, un tempo chiamata Piazza Maggiore (come la più importante piazza della vicina Città di Mondovì), simile a quella per forma, anche se più piccola, e come quella contornata da edifici importanti: il Castello, la casa del Comune, l’ospedale, l’oratorio dei Disciplinati e le case di famiglie nobili. Fu riplasmata nei secoli per rispondere a una comunità che fu presto tra le più vaste del Monregalese. Lunghi lavori di restauro hanno percorso a ritroso la sua storia attraverso le stratificazioni del tempo, trovando non poche sorprese, fino all'ultima che ha ridefinito la leggenda della sua fondazione. Oggi nella stessa chiesa è possibile vedere anche un'altra Santa Caterina, quella delle origini. Secondo la tradizione, la chiesa di Santa Caterina sorse su un antico ′convento di monache caterinette′: in realtà nacque da una chiesetta esistente sul colle e anteriore all'anno 1000. L'esame al carbonio 14 eseguito recentemente, nel contesto dei lavori di restauro su alcuni resti ossei rinvenuti nella zona absidale, farebbero risalire i reperti addirittura al IX secolo. Si tratta dell'ultima scoperta di un restauro lungo, complesso e pieno di sorprese. Intervento dopo intervento, infatti, si sono rintracciate sei fasi di costruzione, oltre ai resti dell'abside della cappella originaria. La ex-Parrocchiale di S. Caterina fu costruita nel 1300 e crebbe con la comunità: la pianta irregolare è la mappa della sua storia. Caratterizzata da una facciata in cotto a due ordini sovrapposti e una pianta a croce greca, per guadagnare capienza nel tempo inglobò varie strutture adiacenti. La torre campanaria, di forma quadrata, è in mattoni e pietre e fungeva da torre di vedetta quando esisteva la cosiddetta “bastita”: fu edificata nel '400, inserita nella navata laterale. Nel 1633 alle tre navate della struttura trecentesca ne fu aggiunta una quarta; all'ingresso fu posto l'attuale portico; gli interni furono cancellati da un nuovo intonaco.
Il restauro ha riportato alla luce ampie campiture degli affreschi quattrocenteschi, permettendo di ricostruire la storia anche sotto questo profilo, districandosi tra epoche e mani. D'inizio '400 sono i cicli di affreschi gotici di Rufino d'Alessandria (già operante a Breolungi e a Ceva): nel presbiterio il Martirio di Santa Caterina; nelle campate terminali delle navate laterali originarie: Santi, evangelisti e profeti, il battesimo di Cristo, la Lapidazione di Santo Stefano. Nel 1469 il Maestro delle Storie di San Sebastiano affrescò la prima campata della navata sinistra con cicli di una minuzia narrativa da fumetto ante-litteram. Nel 1490 il Maestro della Madonna dei Boschi di Boves, con influenze provenzali nell'uso della luce, contribuì con Santi e una Madonna della Misericordia.
Attualmente la Parrocchiale è collocata nell’ex Confraternita di Santa Croce (1755), la seconda chiesa che affolla l'angolo della piazza e il piccolo belvedere. Ottimo esempio di barocco piemontese, è opera del celebre architetto Bernardo Vittone, che nonostante il piccolo ′budget′ non rinunciò a complessità, invenzione ed effetto. Le sue collaborazioni alle opere di Francesco Gallo offrono la chiave per un percorso barocco attraverso il ricco patrimonio artistico di Mondovì. Costruita accanto all'ex-parrocchiale con le macerie della Bastita l'ex-Confraternita di Santa Croce è un piccolo gioiello barocco, con la facciata in cotto, le linee curve, il tamburo ottagonale sovrastante e l'uso scenografico della luce negli interni. La pianta è a croce greca e si sviluppa su un quadrato centrale. Si accede all’interno tramite un vestibolo curvilineo con gli altari laterali in nicchie leggermente concave; simmetricamente al vestibolo si apre il presbiterio semicircolare, dietro al quale è l’abside su pianta rettangolare. Vi è anche un coro molto ampio che fa immaginare che al tempo della costruzione il numero dei fedeli fosse molto alto e perciò la chiesa doveva contenere tutti quanti. La volta quadrangolare è sorretta da quattro archi con otto lunettoni; dall’inversione della volta si ottiene il raccordo con il tamburo ottagonale tramite quattro pennacchi. Vittone utilizza un impianto scenografico per fare risaltare la luce negli interni. Al suo interno si segnala una Pala della “Madonna del Rosario” di fine ‘500.
BERNARDO VITTONE (TORINO, 1705-1770) , allievo di Filippo Juvarra, è uno dei più originali e importanti architetti del barocco piemontese con Guarino Guarini e lo stesso Juvarra, rappresentando la sintesi dello stile tardo seicentesco del primo e la luminosa leggerezza del secondo. Da Torino alle tante zone del Piemonte sabaudo (Nizza compresa) il suo studio dominò il panorama architettonico piemontese fino alla sua morte, con opere originali o interventi. Scrisse trattati teorici, progettò edifici civili (ospizi, collegi, ospedali, municipi, università), ma è noto soprattutto per le sue chiese a pianta centrale, di grande inventiva e particolare attenzione agli effetti di luce. Come appunto in Santa Croce (attuale parrocchiale di Villavecchia), dagli interni leggeri e luminosi. Lo stesso posizionamento di Santa Croce, un po' insolito, costretto tra Santa Caterina e (all'epoca) la collinetta della fortificazione, è riconducibile alla concezione barocca, secondo cui gli edifici si dovevano adattare agli spazi concessi dai centri di origine medioevale, sfruttandone l'irregolarità per ottenere ulteriore movimento.